“Uberizzati”

Dal punto di vista dei consumatori, la comparsa sul mercato di Uber ha semplicemente ampliato l’offerta di trasporto pubblico.

taxiDal punto di vista degli operatori di trasporto pubblico ha inserito un elemento di concorrenza imprevisto e sgradito. La reazione è stata a dir poco vivace e alla richiesta di nuove tutele si sono accompagnati scioperi più o meno selvaggi, minacce e intimidazioni che, pur se formalmente condannate dalle maggiori sigle sindacali, non hanno certo fatto onore alle categoria.

Che ha finalmente deciso di affrontare i concorrenti sul loro stesso terreno lanciando un’applicazione per la telefonia mobile, It Taxi.

Il suo sviluppo (affidato alla friulana Microteck) è stato promosso dall’URI (Unione Radiotaxi d’Italia), la maggior organizzazione di auto bianche italiane che conta circa 10mila aderenti in 40 città. Proprio come Uber e i servizi di car-sharing,  la nuova applicazione (per Ios e Android) è basata sulla teconologia di geolocalizzazione Gps. L’obiettivo è mettere in contatto in tempo reale i tassisti con i clienti in una quarantina di città, fra cui Roma, Milano, Torino, Bologna, Napoli, Palermo consentendo di prenotare e pagare la corsa in modalità del tutto wireless. Sarà anche possibile scegliere il tipo di auto, un tassista che parli inglese, preventivare il costo della corsa (ma solo da fine anno) pagare via Pay Pal (non ancora le carte di credito) o, per le utenze aziendali, farsi addebitare la corsa in conto.

A Milano c’è gia EzTaxi che offre un servizio analogo, ma vi aderiscono solo 300 auto bianche e la disponibilità della nuova applicazione potrebbe allargare l’offerta.

Dovrebbe se si volesse sfidare la concorrenza su un piano meno “giuridico”, se non addirittura “fisico”, di quanto non sia avvenuto fino ad oggi sfruttando l’incrocio fra nuove tecnologie e prezzi che per il tradizionale taxi restano più bassi di quelli di Uber. Comunque un vantaggio per l’utente


50 anni fa, 18 settembre 1964

«Duecento taxi per protesta bloccano il traffico». L’agitazione che la scorsa notte ha occupato Piazza della Scala prosegue. Allo sciopero a oltranza contro le multe elevate a chi non installa il vetro divisorio, hanno aderito oltre mille autisti. (18 settembre 1964, venerdì. La Stampa)


Taxisti in nero

La ventina di sigle sindacali “ufficiali” che rappresentano i taxisti milanesi, farebbero bene a dissociarsi da quanto afferma sui social network la fantomatica sigla “Taxinero”: «Non saranno tollerate deroghe allo sciopero».

Lo sciopero dei taxisti milanesi contro Uber

Lo sciopero dei taxisti milanesi contro Uber

Prima di tutto chiarendo che non è stato proclamato nessuno sciopero. E che se anche il rinnovarsi della battaglia contro l’odiata Uber lo imponesse, nessuno, tantomeno dei colleghi, potrà obbligare nessuno all’adesione.

Quel «non saranno tollerate deroghe» è una minaccia rivolta in primo luogo a chi sui taxi lavora e proprio per questo non dovrebbe essere tollerata da chi i lavoratori rappresenta.  E se tra di loro ci fosse chi ha solo voglia di menare le mani, non si pretenda di mascherarlo con uno sciopero. Solo per mettersi  al riparo dalle sanzioni, fermamente promesse dall’Authority quando il servizio fu bloccato “spontaneamente” per tre giorni, ma poi mai irrogate di fronte all’impossibilità di individuare gli organizzatori della protesta.

Che poi dei veri sindacati possano tollerare che si prometta al loro concorrente, «un buco in testa» come Taxinero vorrebbe veder concludersi la “competizione” con la manager di Uber, Benedetta Arese Lucini, è, semplicemente, rivoltante.

Gli “arrabbiati” minacciano anche la città, pretendendo il rinvio della Settimana della Moda pronti a compromettere per il proprio esclusivo interesse il successo di un’iniziativa di dimensioni, non solo economiche, incommensurabile con quelli di un sub corporazione. Un volgare ricatto, al quale il sindacato dovrebbe sapersi sottrare per dimostrare di essere altro da una gilda medievale.


50 anni fa, 7 settembre 1964

«Tra Comune e tassisti ancora guerra fredda». Gli autisti protestano contro i nuovi parcheggi riservati in piazza del Duomo cui possono accedere solo tre vetture alla volta e che, molto spesso, sono occupati dai bus turistici. (7 settembre 1964, lunedì. Il Giorno)


50 anni fa, 5 settembre 1964

«I tassì torneranno in piazza del Duomo» L’accordo ancora non risolve due altre rivendicazioni dei conducenti: il transito nelle strade riservate ai veicoli Atm e l’eliminazione dei “clandestini”. Nuove manifestazioni davanti ai portici meridionali. (5 settembre 1964, sabato. Corriere della Sera)


Il grande mediatore

Sempre più spesso al sindaco Giuliano Pisapia viene “imposto” il ruolo di mediatore. Sulla vertenza Sea, dopo la bocciatura dell’accordo siglato dalla maggior parte delle sigle sindacali, ma respinto dai lavoratori. Sulla Scala perché “disapplichi” la riforma Bray e il decreto sulla pubblica amministrazione sulle trattenute per i giorni di malattia.

Solo poche settimane fa, l’intervento del primo cittadino era stato invocato dai taxisti in rivolta contro Uber (anche se il caso nasce da una legge nazionale e da norme regionali), e ancora dagli sfrattati, dai centri sociali, dalle mamme, dai comitati a difesa o contro iniziative pubbliche o private.

Giuliano Pisapia

Giuliano Pisapia

Può essere un titolo di merito per Pisapia il fatto che lo si voglia coinvolgere per esercitare la sua “gentilezza” piuttosto che l’indubbia competenza giuridica. Ma è anche un segnale di quanto i corpi intermedi abbiano consumato il proprio ruolo di mediatori sociali, coltivando conflitti che, alla fine, reclamano una tutela tutta “politica” sulla quale misurare anche le reazioni dell’amministrazione, prima fra tutte quella del Sindaco. Che certamente è il più vicino di altri al “conflitto”, ma che non può sostituirsi ai soggetti effettivamente titolari del negoziato. Che vi si sottraggono, perché incapaci di gestirli o di assumersene la responsabilità.
E’ un espediente, che non risolve il conflitto, ma lo rende cronico. E si presta a fare proprio del Sindaco un capro espiatorio.


“Legibus solutus”

I taxisti fanno molto poco per farsi amare dai milanesi e ne sono puntualmente ricambiati.

204348297-40be9387-1af8-4655-a0a7-590b38c4b281Ultima “provocazione” in ordine di tempo la scritta «Firenze 41 libero» ostentata sui lunotti di alcuni autisti del turno di notte. Un modo per esprimere solidarietà a un ex collega, perché Firenze 41 non fa più il taxista, e ha venduto la sua licenza. Perché è stato condannato in via definitiva per «tentato omicidio volontario».

Le cronache di sei anni fa ci raccontano che in via Sammartini, zona stazione Centrale, alle 4.40 del mattino, due marocchini regolari chiedono a Firenze 41 di essere portati a Monza, ma il tassista si rifiuta perché, a suo dire, la via era imprecisata. E fin qui siamo al legittimo sospetto di un taxista che tra la notte e l’alba ritiene poco prudente accettare un corsa “a rischio”. Non potrebbe farlo, ma si capisce bene perché lo faccia. Ma poi, i due si incamminano lungo via Tonale e a quel punto, come accertato dalle telecamere comunali, con una manovra volontaria Francesco G., ai tempi trentenne, investe uno dei due. Lo punta, così dimostrano le immagini, e gli spezza le gambe, oltre a procurargli un trauma cranico.

Di fronte a questa cronaca, che il Tribunale ha confermato con una sentenza definitiva, perché Firenze 41 dovrebbe essere libero? E soprattutto, libero di fare che? Forse perché i taxisti si considerano “legibus soluti” per il semplice fatto che fanno un lavoro faticoso e, a volte, pericoloso?

Il Comune minaccia sanzioni, ovviamente. Ma, forse, la prossima volta che chiamerete un radio-taxi, fatevi dare l’assicurazione di non essere trasportati con quell’imbarazzante appello sul lunotto. Anche per rispetto dei taxisti “normali”. Varrebbe certo di più della minaccia di una qualsiasi sanzione amministrativa.


Taxisti “contro”

Lo sciopero era già fissato per l’11 giugno. Ma da sabato i tassisti sono sul piede di guerra. Prima la contestazione con il lancio di uova contro la manager della «app» Uber e le cariche della polizia. Poi i picchetti e le intimidazioni sfociate nello sciopero selvaggio durato fino a ieri pomeriggio. Oggi il «turno libero» che non rispetta turni e orari, il corteo fino a Palazzo Marino presidiato dalla polizia e l’assemblea permanente in «Centrale». E la “rituale” minaccia del Prefetto di sanzioni che potrebbero arrivare fino al ritiro della licenza in attesa che il ministro Maurizio Lupi incontri le sigle sindacali dei tassisti che però questa protesta non hanno, almeno formalmente, indetto.

La protesta dei taxisti milanesi in Centrale

La protesta dei taxisti milanesi in Centrale

“Prigioniero” della protesta l’assessore ai Trasporti Pierfrancesco Maran che per opporsi alla “guerriglia” dovrebbe poter metter mano alla legge che regola l’attività dei noleggi con conducente (approvata nel 1992 e poi modificata nel 2008), sostituirsi alla Regione per rideterminare regole e tariffe (il nuovo regolamento – ampiamente disatteso – è stato approvato a dicembre) e, per tutelare gli utenti, assumere le vesti dell’Autorità garante sugli scioperi che ha mantenuto sino ad oggi il più rigoroso silenzio.

I taxisti lo sanno perfettamente, ma pretendono che sia il Comune a metterli al riparo dalla concorrenza. E non bastano loro i cinque punti che lo stesso Maran ha sottoposto al vaglio di Lupi e si esercitano in una protesta che rischia di rivelarsi autolesionista. Chi oggi fosse alla ricerca di un taxi potrebbe essere “costretto” a rivolgersi alla concorrenza e offrire ad Uber un’inedita occasione di far conoscere i propri servizi (e le proprie tariffe) che già quando si preparava la protesta per sconvolgere le giornate della moda venivano offerti con uno sconto del 20 per cento. E’ un po’ come se, quando Ntv lanciò la sua alta velocità, Ferrovie dello Stato avesse bloccato il Frecciarossa: avrebbe perso soldi e clienti e fatto pubblicità al concorrente.

In generale, i milanesi hanno dimostrato di sostenere ogni soluzione che migliori la mobilità individuale: lo testimonia il successo del car-sharing come quello del bike sharing. In un “mercato” con queste caratteristiche, non c’è da stupirsi che qualcuno decida di far concorrenza ai taxi. Allo Stato e alle amministrazioni il dovere di «regolare» il mercato, non quello di protegge i soggetti che vi competono. Considerando anche che lo scontro oppone degli artigiani a una multinazionale con un esito che, in assenza di regole, sarebbe scontato. Affrontarlo però con insulti, minacce e petardi è un’ulteriore garanzia di insuccesso.


50 anni fa, 4 luglio 1963

«Il Consiglio comunale vuole municipalizzare le auto pubbliche». Approvato il nuovo regolamento per la disciplina del servizio: le licenze sarebbero concesse solo «all’azienda comunale che fosse all’uopo istituita». (4 luglio 1963, giovedì. Corriere della Sera)


50 anni fa, 1 luglio 1963

«In sei anni eliminate le concessionarie». In Consiglio comunale la riforma dei servizi taxi. Si studia anche la creazione di un’azienda comunale di auto pubbliche dopo la revoca delle concessioni alle aziende private che oggi controllano centinaia di licenze. (1 luglio 1963, lunedì. Il Giorno)