50 anni fa, 14 gennaio 1965

«L’Atm propone di abolire tutte le tariffe preferenziali». Il sistema permetterebbe di incassare ogni anno 10 miliardi in più. Intanto è stata decisa la soppressione delle linee dei minibus. (14 gennaio 1965, giovedì. Corriere della Sera)


50 anni fa, 23 dicembre 1964

«La Waterloo delle macchinette». I portoghesi del metrò cominciano a preoccupare. «Più controllori mettiamo, più viaggiatori abusivi si scoprono», ammettono all’Atm. E c’è chi ha viaggiato otto volte con lo stesso biglietto. (23 dicembre 1964, mercoledì. Corriere della Sera)


50 anni fa, 2 dicembre 1964

«Battesimo di lotta al metrò». Paralizzati dallo sciopero di sei ore i trasporti pubblici. Caos nella città invasa da migliaia di auto private. I tranvieri in agitazione contro una politica dei trasporti sbagliata. (2 dicembre 1964, mercoledì. l’Unità)


La nascita della Rossa e i dubbi sulla Blu

Gli anniversari non sono la miglior occasione per approfondire una qualsiasi materia: la celebrazione del risultato ottenuto e delle nuove prospettive che con esso si sono dischiuse, prevale naturalmente su ogni altra considerazione.

La prima vettura del metrò calata nel tunnel di Piazza Castello

La prima vettura del metrò calata nel tunnel di Piazza Castello

E’ dunque importante che il sindaco Giuliano Pisapia, proprio in occasione del cinquantennale dell’inaugurazione della Lina Rossa del metrò, si sia detto pronto ad ascoltare la città per decidere sul destino della sua ultima erede, la Linea Blu. Per farlo al meglio sarà però opportuno ricondurre il “mito” dalla “Rossa” alla sua realtà, senza nulla togliere al valore strategico ed anche simbolico delle scelte che portarono alla sua realizzazione.

La “Rossa” è spesso intesa, al pari dell’Autostrada del Sole, come una imponente testimonianza materiale di quanto sapesse fare l’Italia del “Boom”. In realtà, in quel 1964, l’espansione economica era già in netta contrazione: l’occupazione calava (in particolare proprio nel settore dell’edilizia), le aziende fallivano e l’inflazione era a due cifre.

In queste condizioni, anche per la realizzazione della metropolitana si pagava il prezzo di un aumento costante dei costi: dai 24 miliardi originariamente preventivati agli 86 che si stimò furono effettivamente spesi (il Comune si rifiutò allora di comunicare i consuntivi), che, oggi, equivarrebbero a circa 926 milioni di euro. Comunque la metà di quanto non si stimi sia necessario investire per la realizzazione della “Blu”.

Quei costi, allora, furono integralmente sostenuti, con legittimo e ancor oggi ostentato orgoglio, dal Comune dove per mesi si discusse però di tariffe per tentare di mantenere almeno in equilibrio i conti, comunque disastrati dell’Atm che aveva quadruplicato il suo deficit in quattro anni portandolo a 15 miliardi di lire, quasi la metà di quanto non entrasse ogni anno nelle casse di Palazzo Marino.

L’azienda, cui il servizio sarebbe stato affidato, chiedeva che il biglietto del metrò costasse 120 lire (1,29 euro), l’opposizione, in particolare quella comunista, che costasse come quello del tram (50 lire). Si mediò su 100 lire a corsa, comunque il doppio di un biglietto “normale” (che pure era stato portato a 50 lire solo un anno prima), si autorizzo Atm a ridurre l’orario di 21 linee di superfice ma non quello delle corse del metrò, come pure chiedeva. L’Atm prevedeva che la Rossa avrebbe trasportato 60 milioni di passeggeri all’anno, ma quella cifra fu raggiunta solo cinque anni dopo e un altro aumento delle tariffe del trasporto urbano a 70 lire.

Per la realizzazione di una grande opera, naturalmente e legittimamente, si deve considerare anche il suo potenziale “dividendo” politico. Proprio a novembre a Milano si votò per Comunali e Provinciali, ma i partiti di centrosinistra (Psi e Psdi), cui a pieno titolo andava intestata la realizzazione della “Rossa”, videro ridotto il proprio consenso, mentre la Dc, che pure faceva parte della maggioranza aumentò leggermente i propri consensi; non abbastanza però per vincere: in Consiglio, a spoglio ultimato, si sarebbero fronteggiati i 40 consiglieri della ex maggioranza e i 40 delle opposizioni. Se ne uscì con alcuni esercizi di alto equilibrismo nei quali la politica di allora era ben più esperta di quella attuale.

Tutto questo si ricostruisce oggi per comprendere che anche allora, malgrado le celebrazioni di questi giorni, molto si discusse su quella prima metropolitana. Nel chiuso dei palazzi, però. La promessa di Pisapia di ascoltare la città è una scelta che, nel bene e nel male, allora non si fece.

(la Repubblica Milano,3 novembre 2014)


50 anni fa, 22 ottobre 1964

«Abolite dopo le 21 numerose linee tranviarie». Si risparmierà così mezzo miliardo. L’Atm insiste per un orario ridotto anche sulla metropolitana, almeno nel primo mese di servizio. (22 ottobre 1964, giovedì. Corriere della Sera)


50 anni fa, 26 settembre 1964

«Fissata in 100 lire la tariffa per il metrò». Per gli abbonati, i lavoratori e gli studenti, 60 lire a corsa. Il biglietto del tram resta a 50 lire. Si spera così di mantenere in equilibrio il bilancio di previsione Atm. (26 settembre 1964, sabato. Corriere della Sera)


Non c’è solo la mobilità dolce

Nel suo piano originale, Expo avrebbe permesso a Milano di dotarsi delle infrastrutture che le erano indispensabili ma nelle quali non si era investito per tempo. Sul fronte del trasporto urbano, si “sognava” di poter costruire ex novo tre nuove linee metropolitane e di prolungare quelle esistenti verso l’hinterland: la rete sarebbe passata da 76 km e 88 fermate a 140 km e 110 fermate. Ci sarebbero stati i 200 km di autostrade, bretelle e raccordi ai quali ancora si appassiona Roberto Maroni. E poi, le vere vie d’acqua con i battelli perché si puntava a un modello di mobilità più dolce, lenta e sostenibile.

metroDi quel sogno è rimasto forse solo lo sharing, in bici, in moto o in auto del quale è, giustamente, orgoglioso l’assessore Pierfrancesco Maran il cui indubbio successo rischia però di sminuire di fronte all’opinione pubblica il rilievo che, non solo nel contesto di Expo, ha quello che non è affatto dolce, l’hardware, fatto di binari, metro, tram e bus. E anche della linea 4 che non ci sarà, della 5 che, grazie al project financing, costa più di quanto renda, dei 125 bus Euro 6 appena comprati dai polacchi, delle manutenzioni indispensabili in vista di un impegno che deve essere eccezionale.

Un uomo “pratico” come l’amministratore delegato di Atm Bruno Rota lo sa benissimo. E, infatti, chiede 40 milioni di euro, tutti e subito. Perché lui che deve già far muovere 698 milioni di passeggeri all’anno sa che nei mesi di Expo molti altri se ne aggiungeranno. Così che i trasporti pubblici diventeranno il vero banco di prova della città di fronte all’Esposizione universale: linee congestionate di treni e metro, scarsità di materiale rotabile e tecnologie di segnalamento inadeguate per la circolazione dei treni ne sono il vero tallone di Achille.

Dal 1 maggio al 31 ottobre i padiglioni espositivi di Rho saranno raggiunti con il treno dal 32%, dei 20 milioni di visitatori attesi, con la metropolitana dal 25%, con l’autobus dal 19% con l’auto dal 20%; solo il 4% userà il taxi: una media di 130 mila visitatori giornalieri con picchi nei festivi di 250 mila. Se queste stime sono attendibili, il 57% dei visitatori arriverà con i mezzi pubblici e il 43% con quelli privati.  Per Atm significa percorrere in un anno 9 milioni di chilometri in più che corrispondono, esattamente, ai quei 40 milioni nei quali stanno anche l’assunzione di 50 macchinisti e 20 autisti (e i loro straordinari, perché Expo non accetterà l’orario estivo imposto ai milanesi), le manutenzioni anticipate, i fondi per garantire la sicurezza… Quel che già c’è sono i nuovi bus Euro 6 (ne verranno consegnati 85 entro la fine dell’anno), i 30 nuovi treni del metrò (comprati grazie a un mutuo da 220 milioni di euro), il nuovo sistema di segnalazione che ha permesso sulla rossa frequenze fra i convogli di due minuti (ma per un’ora sola: durante Expo la “punta” si prolungherà per tre ore), la sperimentazione dei semafori intelligenti che, comunque, non si concluderà per tempo. E’ un pezzo dei 423 milioni di investimenti che Atm ha programmato tra il 2014 e il 2016. Che da soli, però, non basteranno anche se andassero a buon fine operazioni di marketing come l’invenzione del “naming” per la sponsorizzare le stazioni o l’offerta di personalizzare i biglietti con il logo di aziende e istituzioni.

E’ un costo “nascosto” di Expo che, finalmente, viene alla luce. E sarebbe paradossale che, in assenza degli stanziamenti richiesti, a pagarne il conto fossero gli stessi utenti con l’aumento delle tariffe quando Atm è tra le poche aziende di trasporto pubblico (sono solo quattro nelle grandi città) ad assicurare il 50 per cento dei costi di esercizio.

Un costo che si dovrebbe però intendere sin da oggi come investimento se lo inserisse in un progetto che assicuri alla città metropolitana le infrastrutture di cui ha bisogno. Perché allora non si dovrà soddisfare solo la domanda di 20 milioni di visitatori ma di quasi 4 milioni di residenti cui non basterà certo la mobilità “dolce”. Bisogna pensarci subito perché, allora come oggi, per formare un nuovo macchinista servono sempre sei mesi.

(la Repubblica Milano, 15 settembre 2014)


50 anni fa, 12 settembre 1964

«Tutti i partiti in fuga davanti alle tariffe del metrò». Le segreterie cercano di guadagnare tempo per non prendere la decisione prima delle elezioni. Per evitare di iniziare il servizio in passivo, non si potrà scendere sotto le 120 lire, portando a 70 il biglietto del tram. (12 settembre 1964, sabato. Corriere della Sera)


50 anni fa, 5 settembre 1964

«I tassì torneranno in piazza del Duomo» L’accordo ancora non risolve due altre rivendicazioni dei conducenti: il transito nelle strade riservate ai veicoli Atm e l’eliminazione dei “clandestini”. Nuove manifestazioni davanti ai portici meridionali. (5 settembre 1964, sabato. Corriere della Sera)


Una modesta proposta

L’assessore al Traffico Pierfrancesco Maran ha annunciato che nei mesi di Expo si sperimenterà un servizio di moto sharing, offrendo in affitto dopo, bici e auto, anche motorini.

L'assessore Pierfrancesco Maran

L’assessore Pierfrancesco Maran

Ottima idea, anche se il moltiplicarsi delle offerte per una mobilità un po’ più “dolce” potrebbe rivelare anche una certa reticenza a sciogliere il nodo dell’estensione di Area C sollecitata per via referendaria alla vigilia della vittoria elettorale di Pisapia. Ma sarebbe altrettanto semplice testimoniare che queste decisioni ne rappresentino una necessaria premessa.

Resta il fatto, positivo, che si rende disponibile ai cittadini un nuovo servizio. E una nuova tessera da conservare in un portafoglio dove se ne stanno accumulando troppe, accompagnate come deve essere per servizi a pagamento da password, pin e codici d’accesso.

Mi domando se, in virtuosa relazione con l’assessore Cristina Tajani e alle sue lodevoli iniziative per sviluppare le newco a più alto contenuto tecnologico, non si potesse avviare un progetto per unificare in un unico documento “di trasporto” tutte le possibili opzioni oggi disponibili.

Mi immagino di uscire di casa strisciare un tesserino per prelevare la bici, raggiungere la destinazione e, scoperto che i polpacci (e il culo) non sono più quelli di una volta, usare la stessa card per prendere il tram per poi ricordare che, in un’inutilmente complicata gestione familiare, ci si aspettava da me che mi procurassi anche quelle piantine per “l’orto di guerra” allestito sul terrazzo per il trasporto delle quali dalla Lambrate profonda è però necessario dotarsi di automobilina. Tutto già oggi possibile dotandosi di un poker di card tutte diversamente “comunali”, ognuna con la sua tariffa (a tempo, a consumo, in abbonamento con varia scadenza e variamente “scontata”), ognuna reperibile, ricaricabile aggiornabile in un posto diverso. Nessuna integrabile. Anche se non sembra impossibile farlo: una piccola cosa, un investimento tecnologico (e gestionale) utile per tutti. Se ci si riuscisse poi diventerebbe difficile spiegare perché sia così difficile rilasciare la carte d’identità elettroniche sul cui chip “ministeriale” potrebbero essere memorizzati gli stessi dati, esattamente come sulla tessera sanitaria.