La “macro-corruzione”

Se, il 26 febbraio, Roberto Maroni si “scoprirà” Governatore della Lombardia, dovrà cominciare a dare dignità istituzionale alla sua promessa di macro-regione del Nord. “Istituzionale” significa che si dovrà, al minimo, stendere e far approvare dalle Camere una legge. Il che non è affatto scontato, ed anzi potrebbe segnare una prima crepa nella rinata coalizione Lega-Pdl.

Roberto Cota con Roberto Maroni

Roberto Cota con Roberto Maroni

C’è, naturalmente, il patto solennemente firmato da Maroni, in attesa di investitura, con i presidenti di Friuli, Veneto e Piemonte. Ma sulla loro reale possibilità di onorare quell’accordo grava il futuro delle loro stesse giunte, e non solo per le recenti minacce di Berlusconi che si dice pronto a farle cadere se la Lega gli creasse troppi problemi.  Potrebbero cadere da sole, in particolare quella del Piemonte guidata da Roberto Cota che sta scalando la classifica della Regione più indagata d’Italia dopo la Calabria e la Lombardia di Roberto Formigoni.

Maroni denuncia il «complotto mediatico-giudiziario» e la «giustizia a orologeria», ma intanto, Massimo Giordano, ex sindaco di Novara e assessore leghista allo Sviluppo economico del Piemonte è indagato per corruzione, concussione e abuso d’ufficio. Lui, con un gesto poco frequente da parte della nomenklatura politica, aveva immediatamente rimesso il  suo mandato, ma Cota ha voluto confermarglielo.

Giordano è l’ultimo indagato in una serie che si è aperta con il clamoroso arresto dell’assessore alla Sanità Caterina Ferrero, accusata di turbativa d’asta e abuso d’ufficio e che, per gli inquirenti, «agiva per motivazioni politiche personali e non per l’interesse della pubblica amministrazione».

Il successo elettorale di Cota era stato assicurato anche dalla lista Pensionati guidata da Michele Giovine che si era guadagnato 27mila preferenze ma la cui lista era stata presentata con l’abituale corredo di firme false come è stato sancito in una sentenza confermata in appello che gli ha meritato la sospensione dall’incarico di consigliere nel cui ruolo è subentrata, forte di 98 preferenze, la sua fidanzata.

C’è poi  l’assessore al Commercio William Casoni, accusato di turbativa d’asta (ma che si dichiara innocente), perché coinvolto in una inchiesta sul business dei bolli d’auto che, a novembre, ha portato in carcere 15 persone.

Infine, provvisoriamente, le voci sugli esiti dell’inchiesta sui rimborsi facili in Regione Piemonte che vorrebbero prossimamente indagati  56 consiglieri oltre ai quattro che già lo sono con perfetta simmetria maggioranza-opposizione: Andrea Stara (Pd), Eleonora Artesio, (Federazione della Sinistra), Maurizio Lupi (Verdi Verdi) e l’ineffabile Michele Giovine.

Così che l’erigendo asse Lombardia-Piemonte si potrebbe davvero dire costruito nel segno della continuità. Almeno dal punto di vista del codice penale.